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Giu 28, 2016 Marco Schiaffino Attacchi, Attacco non convenzionale, Hacking, News, Vulnerabilità 0
Non è allarmismo: garantire la sicurezza nell’era dell’Internet of Things (IoT) diventa ogni giorno un’esigenza più pressante.
La dimostrazione arriva con il curioso caso riportato dai ricercatori di Sucuri, che in un post sul blog ufficiale dell’azienda descrivono l’attacco subito da un cliente.
L’elemento curioso è che il Distributed Denial of Service cui si sono trovati di fronte, era portato da una botnet di videocamere a circuito chiuso.
Stando a quanto ricostruito dagli analisti, si sarebbe trattato di ben 25.000 telecamere infettate da un malware e utilizzate come “arma” per abbattere il sito della sventurata vittima.
Anche se non è la prima volta che le videocamere a circuito chiuso vengono compromesse e utilizzate come uno strumento d’attacco, il numero di dispositivi coinvolti in questo caso rappresenta un vero record.
***foto camera***Quante telecamere collegate a Internet ci sono sul pianeta? Quante possono essere compromesse?
Tant’è che il “volume di fuoco” prodotto da questa particolarissima botnet è di tutto rispetto. Stando ai dati riportati, in una prima fase avrebbero bombardato il sito Web con la bellezza di 35.000 richieste http al secondo, incrementando poi il volume dell’attacco fino a 50.000 richieste al secondo.
Il tutto è durato per più giorni e ha indotto gli analisti ad approfondire l’origine dell’attacco. In questo modo hanno scoperto di essere bersagliati, appunto, da un esercito di telecamere di sorveglianza sparpagliate in tutto il pianeta.
Tolta una discreta concentrazione a Taiwan, la distribuzione geografica delle videocamere è a chiazza di leopardo in 105 paesi differenti. Il 5% dei dispositivi, tra l’altro, è installato in Italia.
***foto geo***Un quarto della botnet fa riferimento a indirizzi IP collegabili a Taiwan, ma sarebbero coinvolte 105 nazioni.
Secondo i ricercatori di Sucuri (ma nel report tengono a chiarire che la loro è solo un’ipotesi) le videocamere potrebbero essere state compromesse sfruttando una vulnerabilità scoperta alla fine di marzo e che affliggerebbe i modelli di oltre 70 produttori.
Il problema è che dispositivi come le videocamere di sorveglianza vengono spesso trascurate dagli amministratori IT e gli aggiornamenti che correggono le vulnerabilità, anche quando sono disponibili, rischiano di non essere mai installati.
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