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Dic 09, 2016 Marco Schiaffino Malware, Minacce, News, Ransomware, RSS 0
Una delle motivazioni per cui è sempre meglio non pagare i riscatti richiesti dai ransomware è che di un pirata informatico non ci si può mai fidare.
E se qualcuno avesse avuto ancora dei dubbi su questo punto, a spazzarli via ci ha pensato il nuovo ransomware Goldeneye.
Il malware, per il momento, è stato identificato in Germania e viene diffuso attraverso un’email di phishing che sembra provenire da qualcuno che è in cerca di lavoro.
Al messaggio di posta elettronica sono allegati due file: un file PDF (che non contiene malware) e un file di Excel che usa le istruzioni Macro per avviare l’installazione di Goldeneye.
Individuato e analizzato dai ricercatori di Sophos, sotto il profilo tecnico si tratta di un classico cripto-virus. Una volta avviato cifra tutti i file che trova sul disco, rendendoli inaccessibili al legittimo proprietario.
Al suo interno, però, Goldeneye contiene anche una versione modificata di Petya, una vecchia conoscenza del settore che prende di mira il Master File Table (MFT) dell’hard disk per rendere inutilizzabile il computer.
Una volta crittografato il Master File Table, Goldeneye simula un controllo del disco, al termine del quale visualizza un inquietante immagine in ASCII art e una richiesta di riscatto (da pagare in bitcoin) di 1.000 dollari per sbloccare l’hard disk.
Il malcapitato che dovesse decidere di pagare, riceverebbe la chiave per sbloccare il disco fisso e, al riavvio, scoprirebbe… che tutti i file all’interno dell’hard disk sono criptati con un altro algoritmo e un’altra chiave crittografica!
Ad annunciarlo è una seconda richiesta di riscatto che chiede altri 1.000 dollari (sempre in bitcoin) per ottenere la seconda chiave.
Insomma: la classica tecnica usata dai ricattatori, che spesso dimostrano di non accontentarsi di quanto hanno chiesto in prima battuta. Ma quando si ha a che fare con dei criminali (per quanto cyber) che cosa ci si poteva aspettare?
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