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Mar 17, 2017 Marco Schiaffino Attacchi, Malware, News, RSS, Tecnologia 1
Una vera esplosione di infezioni che ha fatto balzare l’Italia al secondo posto tra i paesi vittima di CryptoLocker, uno dei più longevi ransomware in circolazione. Secondo Bitdefender, che ha rilevato l’aumento di attacchi attraverso la sua rete di antivirus, il nostro paese (17,1% delle infezioni rilevate a febbraio) sarebbe secondo solo agli Stati Uniti (23,57%) in questo poco invidiabile primato.
Considerate le differenze in termini di popolazione (gli USA hanno 325 milioni di abitanti e l’Italia 60 milioni) il dato statistico assume dimensioni davvero impressionanti.
“I dati dimostrano il livello di efficacia che riescono a raggiungere i pirati informatici quando adottano campagne mirate nella distribuzione dei loro malware” spiega Denis Cassinerio, Regional Sales Director per l’Italia di Bitdefender.
Il riferimento, in particolare, è alla recente ondata di malware che ha investito le caselle di posta nel nostro paese utilizzando una tecnica di social engineering molto particolare, che sfrutta l’uso della PEC (la posta elettronica certificata) per indurre le vittime a considerare attendibile il messaggio che conteneva CryptoLocker.
“Naturalmente è impossibile sapere quante di queste infezioni siano state causate direttamente da quella particolare campagna di distribuzione” puntualizza Cassinerio. “Il fatto che le statistiche in Italia siano schizzate verso l’alto proprio nel mese di febbraio, però, sembra puntare in questa direzione”.
Quello che è certo, è che il fenomeno dei ransomware è in continua crescita e, nel solo 2016, si stima abbiano provocato 1 miliardo di euro di danni.
Certo, gli antivirus stanno mettendo in campo strumenti sempre più sofisticati per cercare di arginare gli attacchi ma i risultati, almeno per ora, tardano a vedersi. Una possibile soluzione, però, può arrivare da un approccio alternativo al problema, che dalle parti di Bitdefender descrivono come un “vaccino” per i ransomware.
Ma di cosa si tratta? “Studiando i dati che raccogliami ransomware lasciano una sorta di marcatore sui computer che infettano”.
La ragione è semplice: i pirati sanno infatti che è molto difficile riuscire a estorcere un riscatto per due volte di seguito alla stessa vittima. Quando il ransomware si installa su un computer, quindi, lo “marchia” in modo che venga riconosciuto. Se lo stesso ransomware raggiunge di nuovo quella macchina, individua il marcatore e cessa ogni attività, “risparmiando” l’utente.
“Il nostro vaccino inserisce un marcatore che, in pratica, inganna il ransomware facendogli credere che il computer sia già stato infettato” prosegue Cassinerio. “In questo modo il PC dell’utente viene ignorato dal malware. I marcatori vengono aggiornati periodicamente via Internet per adattarsi agli eventuali cambiamenti introdotti dai cyber-criminali”.
Il tool in grado di “vaccinare” il computer contro alcune famiglie di malware (quelli delle famiglie CTB-Locker, Locky, Petya e TeslaCrypt) è integrato nei prodotti di sicurezza Bitdefender ma è disponibile anche in una versione gratuita che può essere usata da chiunque.
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