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Mag 23, 2017 Marco Schiaffino Attacchi, News, RSS 0
Mentre il mondo della sicurezza informatica è concentrato sugli attacchi portati dai worm che sfruttano gli exploit messi a punto dalla National Security Agency, la cronaca continua a registrare una sorta di “guerra a bassa intensità” portata avanti dai cyber-criminali specializzati negli attacchi DDoS.
Secondo Akamai, che ha appena pubblicato il suo report “State of the Internet” relativo al primo trimestre del 2017, gli attacchi dei pirati informatici non accennano a diminuire.
L’azienda statunitense, anzi, accende i riflettori sull’evoluzione delle tecniche di attacco sfruttate dai professionisti del DDoS, che adesso sfruttano le botnet di dispositivi IoT per prendere di mira direttamente i server DNS.
La tecnica di attacco, che i ricercatori di Akamai hanno battezzato con il nome di “DNS Water Torture” segna un cambio di strategia rispetto al passato. Fino a oggi, infatti, i server DNS venivano sfruttati come uno strumento per portare attacchi DDoS basati sulla reflection, inviando richieste contraffatte ai server per colpire “di riflesso” i siti Internet finiti nel mirino dei pirati.
Con Water Torture, invece, i server DNS diventano l’obiettivo stesso degli attacchi. Al centro della nuova strategia di attacco ci sono le botnet Mirai, composte da migliaia di dispositivi della “Internet of Things”.
I pirati che orchestrano gli attacchi utilizzano una tecnica piuttosto semplice ma terribilmente efficace, inondando di richieste i server DNS che intendono abbattere.
Per evitare che il traffico generato dalla botnet sia “assorbito” dai server degli Internet Service Provider, le richieste generate dai bot fanno riferimento a dei sotto-domini generati casualmente. In questo modo la richiesta non viene elaborata dalla cache dei server DNS intermedi e la query viene inoltrata al DNS principale.
Gli attacchi DDoS portati attraverso la tecnica Water Torture sono stati registrati da Akamai a partire dal mese di gennaio 2017 e hanno preso di mira, in particolare, le infrastrutture di società operanti nel settore finanziario.
IL caso più eclatante ha registrato un picco nella trasmissione dei dati di 14 Milioni di pacchetti al secondo, decisamente “fuori scala” rispetto agli altri attacchi del genere, che si sono attestati su 1-2 Milioni di pacchetti al secondo. A preoccupare, però, è il cambio di strategia dei cyber-criminali, che potrebbe preludere a nuove “sorprese” nei prossimi mesi.
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