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Lug 04, 2018 Marco Schiaffino In evidenza, Malware, Minacce, News, RSS, Trojan 0
Quando si parla di attacchi “fileless” ci si può riferire a diversi tipi di minacce. In molti casi, infatti, si tratta di attacchi che non utilizzano veri malware ma solo sequenze di comandi che sfruttano strumenti legittimi di amministrazione (come PowerShell) per raggiungere l’obiettivo.
Anche i malware tradizionali, però, stanno seguendo questa direttrice e in alcuni casi si osservano casi in cui il loro codice subisce delle vere e proprie mutazioni per trasformarli in qualche cosa di più difficile da individuare una volta attivo, che può essere definito un ibrido tra un normale malware e un attacco “manuale”.
Come spiegano i ricercatori di G Data in un dettagliato report, in questo senso il caso di Rozena è esemplare. Il trojan è comparso nel 2015 e ha fatto ritorno ora in una versione “riveduta e corretta” che sfrutta tecniche “fileless” per compromettere il PC colpito.
Rozena usa come vettore di attacco un file eseguibile (mascherato da documento Word) che i pirati informatici distribuiscono attraverso pagine Web o via posta elettronica.
Una volta avviato, esegue una serie di script attraverso comandi PowerShell che consentono di aprire una connessione TCP tra la macchina infetta e l’autore del malware.
L’esecuzione di PowerShell viene “nascosta” agli occhi della vittima attraverso l’uso di una serie di parametri che impediscono, per esempio, l’apertura del prompt visualizzato normalmente e nascondono il banner con le informazioni di Copyright che di solito appare all’avvio.
Il collegamento attraverso la backdoor, infine, punta a un server Command and Control su Kali Linux che utilizza il framework Metasploit per eseguire qualsiasi tipo di operazione (per esempio l’upload e l’avvio di ulteriore codice) sul PC compromesso.
Per mitigare il rischio di subire attacchi come questo, i ricercatori G Data consigliano di adottare alcuni accorgimenti che impediscono l’uso “improprio” degli strumenti di amministrazione di Windows.
Tra questi l’attivazione della modalità Constrained Language di PowerShell, che impedisce l’interazione con determinate API che potrebbero essere usate per scopi malevoli e l’uso di AppLocker.
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