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Mar 07, 2019 Marco Schiaffino Gestione dati, In evidenza, Leaks, News, Scenario, Vulnerabilità 0
Il 2018 verrà ricordato probabilmente come l’anno in cui si è registrato il più grande aumento nell’attività dei pirati informatici, per lo meno a livello statistico.
Secondo il report di 4iQ, intitolato Identity Breach Report 2019, il numero di violazioni confermate nel corso dell’anno scorso sarebbero infatti 12.499, cioè il 424% in più dell’anno precedente. In sintesi, il numero di attacchi che avrebbero portato al furto di dati sarebbero più che quadruplicati nel giro di 12 mesi.
A questo dato, però, se ne contrappone un altro: il numero di record compromessi è diminuito in misura addirittura maggiore. I 216.884 record sottratti, infatti rappresentano una diminuzione a quasi un quinto rispetto al 2017.
Insomma: il panorama cui siamo di fronte è quello di numerosissimi attacchi che però hanno come risultato il furto (ma sarebbe più corretto parlare di “esposizione”) di una minore quantità di dati. Non è un caso che i ricercatori di 4iQ parlino della “coda lunga delle piccole violazioni”.
Come tutte le statistiche, nell’analizzare il report bisogna tenere conto anche di eventuali anomalie (il 2017 è stato l’anno della violazione dei sistemi di Equifax, per dirne una) che hanno sicuramente “drogato” i dati relativi al numero di informazioni sottratte.
I numeri, in ogni caso, sono davvero notevoli. Secondo i ricercatori, nel corso dell’anno sono circolati 14,9 miliardi di record. Lo studio li ha passato al setaccio per isolare quelli “nuovi” (eliminando cioè duplicati e informazioni false) e li ha quantificati in 3,6 miliardi.
Nel complesso, l’anno ha fatto registrare un aumento del 71% dell’attività “underground” grazie anche alla comparsa di grandi database (come il celebre Collecion#1 di cui abbiamo parlato in questo articolo) che i cyber-criminali usano per sistematizzare i dati.
Per quanto riguarda invece il dato relativo alle violazioni, il boom del 2018 è probabilmente dovuto a un elemento esogeno ma fondamentale come l’entrata in vigore del GDPR. Il nuovo Regolamento Generale per la Protezione dei Dati, infatti, prevede l’obbligo di comunicare qualsiasi violazione subita.
Da un punto di vista statistico, quindi, è possibile che l’aumento sia in realtà inferiore, ma grazie al GDPR siano “emersi” tutti quei casi che fino all’anno prima rimanevano nell’ombra.
Non è un caso che la stessa analisi dei ricercatori segnali un aumento delle “piccole” violazioni, quelle cioè che hanno interessato un minore numero di dati e che in assenza di una prescrizione legislativa finivano nel dimenticatoio.
Per quanto riguarda gli altri aspetti legati all’analisi del fenomeno, lo studio evidenzia come le informazioni siano di goni tipo: dai semplici account di servizi Internet a file e documenti decisamente più sensibili, come le scansioni dei documenti di identità.
Il report conferma anche altri trend, ad esempio quello relativo ai server che vengono lasciati su Internet senza alcun sistema di autenticazione per limitare l’accesso ai dati in essi contenuti. Secondo i ricercatori, il 63% dei dati esposti arriverebbero da “incidenti” di questo tipo.
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