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Ott 31, 2017 Marco Schiaffino Attacchi, Hacking, In evidenza, Malware, News, RSS 0
Era solo questione di tempo prima che il boom dei moduli CoinHive (il JavaSCript che sfrutta la potenza di calcolo dei dispositivi per generare la cripto-valuta Monero e di cui abbiamo parlato estesamente in questo articolo) varcasse i confini dei siti Web per sbarcare sulle applicazioni per dispositivi mobile.
Come segnala Trend Micro in un post sul suo blog ufficiale, il fenomeno è in espansione, sia attraverso la diffusione di app legittime “modificate”, sia attraverso la distribuzione di app create ad hoc.
La società di sicurezza ne ha individuate due addirittura disponibili su Google Play e che Google ha prontamente rimosso dopo la segnalazione. Una di queste, che rientra nella categoria delle “insospettabili”, è Recitiamo Santo Rosario Free, un’app pensata per “tenere compagnia” ai fedeli mentre recitano le preghiere giornaliere.
Il meccanismo è lo stesso utilizzato da alcuni furbastri su vari siti Internet: il JavaScript viene inserito senza alcun avviso per gli utenti e avvia la sua attività di mining sfruttando le risorse del dispositivo dell’ignaro utente.
Se nel caso dei JavaScript inseriti nei siti Internet il tutto si riduce a un “super-lavoro” della CPU e nel contestuale aumento della bolletta elettrica, nel caso dei dispositivi mobile l’impatto è ancora più fastidioso, visto che coinvolge la durata della batteria e il consumo di traffico.
Tanto più che molti utenti continuano a non utilizzare sui loro dispositivi alcun tipo di software antivirus, che rappresenta al momento lo strumento più efficace (anche su PC) per individuare e bloccare i moduli di mining basati su JavaScript.
Il contrasto all’uso “clandestino” di CoinHive e soci, però, non passa solo attraverso l’utilizzo di strumenti di controllo. Su Internet, per esempio, è comparso un sito (www.whorunscoinhive) che sta catalogando tutti i siti Internet che integrano moduli di mining e permette ai visitatori di eseguire ricerche per verificare quali siti adottano questa discutibile tecnica per finanziarsi all’insaputa dei visitatori.
A complicare le cose c’è il fatto che non sempre la responsabilità è degli amministratori dei siti Internet. Come riporta WordFence, nelle ultime settimane i pirati informatici hanno cominciato a installare CoinHive su centinaia di siti WordPress compromessi.
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