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Lug 18, 2018 Marco Schiaffino Gestione dati, Leaks, News, Phishing, Privacy, RSS, Scenario 0
Quando facciamo acquisti su Internet non abbiamo di certo l’illusione di godere di un’assoluta forma di privacy, ma l’idea che chiunque sul pianeta terra possa sapere che cosa compriamo è un’idea abbastanza inquietante anche per chi ritiene di avere poco o nulla da nascondere.
Grazie all’attenta opera di analisi di Hang Do Thi Duc, una ricercatrice che ha base a Berlino, scopriamo che a materializzare questo incubo per la privacy ci ha pensato Venmo, un servizio di pagamento online che fa parte della grande famiglia di Paypal.
Come spiega la ricercatrice in un report pubblicato sul suo blog, il servizio utilizza un’API pubblica (visibile a questo indirizzo) attraverso la quale è possibile ricavare i dati di ogni singola transazione, scoprendo in pratica chi paga quanto e… per cosa.
Il problema, spiegato anche con una infografica animata sul sito publicbydefault, è che le impostazioni predefinite di Venmo prevedono la condivisione delle informazioni riguardanti l’uso del servizio.
Se si considera che Venmo ha circa 7 milioni di utenti attivi mensilmente, diventa chiaro come stiamo parlando di una voragine dal punto di vista della privacy. La stessa Do Thi Duc spiega di essere riuscita a scaricare tutte le transazioni registrate nel 2017, raccogliendone più di 200 milioni.
Al di là dell’evidenza del rischio o privacy (tra i record scaricati dalla ricercatrice ci sono anche acquisti di Marijuana, che un datore di lavoro potrebbe non gradire) ci sono anche rischi per la sicurezza e per l’attività economica dei soggetti coinvolti.
C’è da scommettere, per esempio, che nessun negoziante online possa essere particolarmente felice del fatto che chiunque possa conoscere il suo volume di affari (anche se limitato alla piattaforma) o avere i nominativi dei suoi clienti.
Per quanto riguarda la sicurezza, il rischio è che qualcuno metta le mani su questi dati e li usi per architettare truffe o attacchi di phishing contando sull’uso di informazioni riservate per renderli più credibili. Tanto più che buona parte degli utenti si registra utilizzando il suo account Facebook, offrendo così un ulteriore collegamento a un eventuale cyber-criminale che volesse approfittare della situazione.
Nel suo blog, Do Thi Duc non specifica se abbia provato a contattare Venmo per chiedere di adottare una policy più rispettosa della privacy. La sua denuncia, comunque, è destinata a fare un certo rumore.
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