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Feb 15, 2019 Marco Schiaffino In evidenza, Leaks, News, Privacy, RSS, Scenario, Vulnerabilità 0
Lo sappiamo da qualche tempo: nella corsa allo sviluppo dell’intelligenza artificiale, la Cina è uno dei paesi più avanzati al mondo. Allo stesso modo, sappiamo che una delle applicazioni dell’AI che va per la maggiore dalle parti di Pechino è quella del riconoscimento facciale, utilizzato in chiave di controllo dei cittadini.
La conferma arriva dalla segnalazione di Victor Gevers, un ricercatore olandese specializzato nella “caccia” ai database lasciati incustoditi su Internet.
Come raccontano in un articolo i colleghi di ZDNet, Gevers questa volta si è imbattuto in qualcosa di molto particolare.
Il server che ha individuato, infatti, contiene un database MongoDB con informazioni personali di 2.565.724 persone, raccolte presumibilmente per conto del governo cinese.
Il server, gestito dalla società cinese SenseNets (specializzata in riconoscimento facciale e analisi dei video) era accessibile senza che fosse necessaria alcuna autenticazione. Una tipo di “dimenticanza” che i ricercatori di sicurezza riscontrano sempre più spesso.
Questa volta, però, Gevers non si è trovato di fronte al solito database di utenti con informazioni più o meno sensibili raccolti da qualche azienda commerciale.
Secondo il ricercatore, infatti, tutti i cittadini cinesi registrati nel database farebbero parte della minoranza musulmana Uiguri residente nella regione dello Xinjiang.
Insomma: si tratterebbe di un server dedicato alla schedatura di quelli che, secondo il governo di Pechino, sarebbero potenziali “terroristi”. La componente indipendentista dell’etnia Uiguri, infatti, è da tempo finita nel mirino delle forze di polizia e la cronaca negli anni passati ha registrato violenti scontri tra la minoranza musulmana e le autorità.
All’interno del database, il ricercatore olandese ha trovato ogni genere di informazioni: dati anagrafici, residenza, fotografie, dati dei documenti di identità e del loro impiego.
Non solo: il server contiene anche una serie di rilevamenti GPS che, secondo Gevers, rappresenterebbero una minuziosa ricostruzione degli spostamenti dei cittadini schedati ottenuta tramite le videocamere di sicurezza che in Cina stanno spuntando come funghi più o meno ovunque.
I rilevamenti sono associati a descrizioni dei luoghi piuttosto esplicite, come “moschea”, “stazione di polizia”, Internet Cafè” e simili.
Ora il server non è più raggiungibile. Gevers ha infatti seguito il solito protocollo, contattando SenseNets per avvisarli del fatto che il server fosse esposto su Internet senza protezioni, prima di realizzare che cosa contenesse.
La scoperta è l’ennesima conferma di ciò che molti gruppi di attivisti per i diritti umani denunciano da anni: l’uso da parte del governo cinese di sistemi di sorveglianza per schedare minoranze e oppositori politici. Anche, scopriamo ora, utilizzando contractors privati.
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