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Lug 04, 2019 Marco Schiaffino In evidenza, Malware, News, RSS, Scenario 0
Una vera campagna di sorveglianza di massa che prende di mira i turisti. È questa l’ultima trovata del governo cinese, che secondo numerosi organi di stampa starebbe obbligando tutti i cittadini stranieri che visitano la regione dello Xinjiang a installare un’applicazione che controlla la loro attività sullo smartphone.
La polizia di frontiera cinese, a quanto si legge nell’articolo del Guardian, obbligherebbe i visitatori a consegnare il loro telefono al momento dell’ingresso dal vicino Kyrgyzstan e installerebbero sullo smartphone un’applicazione chiamata Fengcai.
Secondo l’inchiesta condotta da Guardian, New York Times, Motherboard, Süddeutsche Zeitung e NDR, il malware verrebbe installato sia sui telefoni Android, sia sugli iPhone. Per questi ultimi la polizia cinese utilizzerebbe un dispositivo hardware che, presumibilmente, effettua un jailbreak del sistema.
Lo spyware sarebbe in grado di controllare tutti i messaggi ricevuti e inviati, i log delle telefonate effettuate ed eseguirebbe anche una scansione nella memoria del telefono per individuare l’eventuale presenza di documenti “proibiti” (l’elenco ne comprende 73.000) collegati alla propaganda dell’ISIS o con contenuti relativi al terrorismo, come manuali per la costruzione di ordigni.
Lo Xinjiang è una regione in cui la tensione con la minoranza Uiguri (di religione musulmana) è da sempre elevata e in cui si sono registrati frequenti scontri tra la popolazione e le forze governative.
Lo scorso febbraio erano già emerse prove (ne abbiamo parlato in questo articolo) che il governo cinese tenesse sotto controllo i cittadini della regione attraverso potenti sistemi di sorveglianza che utilizzano telecamere e sistemi di riconoscimento facciale per registrare ogni movimento degli abitanti.
L’estensione di sistemi di spionaggio ai cittadini stranieri, però, è una novità che segna un ulteriore giro di vite e conferma la tendenza di Pechino ad adottare tecniche di sorveglianza sempre più invasive.
L’ultima mossa in questo senso era stata l’approvazione di una normativa che “legalizza” l’hacking di stato nei confronti delle aziende che operano sul territorio cinese.
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