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Lug 22, 2019 Marco Schiaffino In evidenza, News, Privacy, RSS, Scenario 0
Una cosa è certa: dalle parti dell’NSA per qualche tempo ci sarà chi proverà una forte invidia per i colleghi kazaki. Se gli 007 della National Security Agency hanno speso anni per mettere in piedi sistemi di intercettazione come Prism e Carnivore, nel paese asiatico hanno ottenuto lo stesso risultato in una manciata di ore.
Con l’implementazione della normativa su Internet (approvata dal governo nel 2015 ma rimasta nel congelatore fino a oggi) il Kazakistan diventa il primo paese al mondo in cui tutte le comunicazioni via Internet saranno intercettate e registrate.
Il trucchetto funziona così: a partire dallo scorso 17 luglio, chiunque voglia collegarsi attraverso uno dei provider locali è costretto a installare un “certificato digitale sicuro” fornito dal governo. Il certificato permette di comunicare tramite protocollo HTTPS, ma con una piccola modifica: tutto il traffico verrà decodificato (e copiato) dalle agenzie governative prima di crittografarlo nuovamente per inviarlo a destinazione.
I provider Internet kazaki stanno “informando” i loro clienti sulla necessità di installare il nuovo certificato digitale. Le virgolette sono d’obbligo, visto e considerato il fatto che la messa in opera di questo gigantesco sistema di spionaggio di stato viene occultata facendo riferimento a “ragioni di sicurezza” non meglio specificate.
Insomma: buona parte della popolazione, a meno che non acceda ad altre fonti di informazione, non avrà la minima idea di essere sotto controllo.
La nuova legge, la cui applicazione è stata ritardata a causa delle (sacrosante) proteste di operatori del settore e associazioni per la tutela della libertà di espressione, rappresenta in questo momento l’esempio più sfacciato di censura su Internet al mondo, al pari forse di quello messo in piedi dal governo di Pechino (ne abbiamo parlato in questo articolo) per controllare gli abitanti della provincia dello Xinjang.
In ogni caso, l’episodio rappresenta l’ennesimo caso di “stretta” sulle libertà di comunicazione che, fino a qualche tempo fa, sembravano poter essere impensabili anche da parte dei regimi più repressivi.
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